| Come potevo pensare
che la mia discesa,
lungo il patrio stival,
modificasse il destino.
Fonder l’anima mia,
con quella stessa,
di colei, che porta
di un fiore il nome.
Mai prima io la vidi,
mai di lei parlar sentii.
Così vedendola, come
fulmine improvviso,
lo spirito mio e
l’intelletto insieme,
fusero per detta
sublime visione.
Il cuor di corsa s’allarmò,
e la mente si confuse,
dicendo batti pure,
pena ne vale.
Vedi il suo viso d’angelo,
e quegli occhi azzurri,
quel guardo come il mare,
dentro naufragai in mezzo,
sotto le stelle.
Così mi sottomisi alla
forzata felicità nostra,
per oltre dieci lustri.
Il tutto fu un salto nel tempo,
niente cambiò,
tranne i nostri visi.
Specchiarsi al mattino,
quel vecchio non mente,
guardandoci negli occhi,
soli noi due, intimi.
Il labbro sorride silente. |